Paul Ekman: l’eredità di un pioniere che ha insegnato al mondo a leggere le emozioni
La scorsa settimana è scomparso Paul Ekman, uno dei più influenti psicologi del Novecento e tra i massimi esperti al mondo sul tema delle emozioni e delle espressioni facciali. La sua morte, avvenuta all’età di 91 anni, chiude un capitolo fondamentale della ricerca psicologica, ma apre anche un’occasione preziosa per riflettere su ciò che la sua opera ha rappresentato – e continua a rappresentare – per chi si occupa di benessere, formazione e sviluppo umano.
Ekman è stato il ricercatore che più di ogni altro ha contribuito a dimostrare l’universalità delle emozioni di base. Il suo lavoro sul riconoscimento delle espressioni facciali, sulle microespressioni e sui processi di comunicazione non verbale ha rivoluzionato non solo la psicologia accademica, ma anche il modo in cui comprendiamo gli altri nelle interazioni quotidiane. Ha portato la scienza fuori dai laboratori, arrivando nei contesti educativi, clinici, organizzativi e persino in quelli creativi: basti pensare alla consulenza offerta per il film “Inside Out” o alla popolarità acquisita tramite la serie “Lie to Me”, ispirata proprio ai suoi studi.
Ma ciò che più colpisce, ricordando oggi Paul Ekman, non è soltanto la solidità della sua ricerca: è la dimensione profondamente umana del suo lavoro. Ekman ha trascorso una vita a studiare come riconoscere verità, emozioni autentiche, segnali nascosti. Ma per sua stessa ammissione, ha sempre sostenuto che la lettura dell’altro non dovesse mai trasformarsi in controllo, giudizio o strumento di potere. La sua era una scienza al servizio della relazione, non della sorveglianza.
Un’eredità familiare: il dialogo con la figlia Eve
Uno degli aspetti più toccanti del percorso di Ekman emerge dal rapporto e dalla collaborazione con la figlia, Eve Ekman, anch’essa psicologa e ricercatrice. In diverse interviste – compresa una molto significativa disponibile online – padre e figlia riflettono non solo sui rispettivi percorsi professionali, ma anche sulla qualità della loro relazione.
Eve racconta come fosse cresciuta con la consapevolezza di avere un padre “che sapeva vedere oltre”, un uomo capace di cogliere segnali emotivi impercettibili. Eppure Ekman non ha mai usato questa capacità per “incastrarla” o analizzarla. Preferiva chiederle, con autentica curiosità: “C’è qualcosa di cui vuoi parlare?”. Questo modo di avvicinarsi all’altro – senza forzare, senza mettere con le spalle al muro – è rimasto una costante anche nella sua ricerca. Il loro dialogo professionale ha poi portato alla realizzazione dell’Atlas of Emotions, un progetto sostenuto dal Dalai Lama per rendere più accessibile e visiva la comprensione dei processi emotivi. Una mappa che oggi viene utilizzata in percorsi educativi, clinici e formativi in tutto il mondo. Negli ultimi anni, il rapporto tra Paul ed Eve si era fatto ancora più profondo. In alcune testimonianze Eve racconta di come il ruolo di cura verso il padre anziano si sia intrecciato con la stima reciproca e con una lunga storia di scoperte condivise. È una dimensione che aggiunge spessore al ricordo di Ekman: non solo scienziato, ma uomo capace di costruire relazioni basate sulla fiducia, sul rispetto e sulla presenza emotiva.
Un punto di riferimento anche per la formazione
Per chi si occupa di formazione – e in particolare per chi, come noi, lavora quotidianamente su competenze relazionali, comunicazione autentica, gestione dello stress e consapevolezza emotiva – l’eredità di Paul Ekman resta viva e attuale.
Il suo lavoro ci ricorda che:
comprendere le emozioni significa comprendere le persone, non controllarle
l’autenticità non è una tecnica, ma una postura relazionale
la consapevolezza emotiva è un atto di responsabilità verso se stessi e verso gli altri
la fiducia si costruisce con ascolto, curiosità e presenza, non con la ricerca del “segnale nascosto”
Molti dei percorsi formativi basati sul suo contributo – come il programma Cultivating Emotional Balance, sviluppato con Eve Ekman – propongono un approccio integrato che unisce scienza, pratiche contemplative e applicazioni concrete nel lavoro e nella vita quotidiana. Un approccio che risuona profondamente con la filosofia formativa che come Radica-Formazione portiamo avanti: mettere al centro la persona, il suo benessere emotivo e la qualità delle relazioni.
Un lascito che continua
La morte di Paul Ekman lascia un vuoto, ma la sua presenza continua attraverso le sue ricerche, i suoi libri, la comunità scientifica che ha formato e il lavoro della figlia Eve, oggi tra i principali punti di riferimento nella psicologia delle emozioni.
Ricordarlo oggi significa riconoscere quanto la comprensione delle emozioni sia fondamentale nella crescita personale e professionale. Significa anche portarci una domanda preziosa, una di quelle che Ekman avrebbe approvato: come possiamo far sì che ciò che conosciamo sulle emozioni migliori davvero il modo in cui viviamo e lavoriamo insieme?
In un mondo che corre veloce, l’eredità di Ekman ci invita a fermarci, osservare e ascoltare. A riconoscere il valore del non detto. A restare umani, prima di tutto.